Quest’anno la Regione Lazio ha offerto la possibilità a più di 500 studenti di affrontare un viaggio difficile, ma sicuramente molto costruttivo sia a livello personale che a livello didattico.
Ho avuto l’immensa fortuna di essere stata selezionata per partecipare al Viaggio della Memoria, un’esperienza grazie alla quale si può iniziare davvero a comprendere l’orrore che è stato la Shoah. Il viaggio in sè è stato decisamente interessante, e ci ha inoltre dato la possibilità di visitare la bellissima città di Cracovia, che presenta un aspetto decisamente particolare, soprattutto per quanto riguarda gli edifici. Questa città, però, oltre ad essere un magnifico esempio di storia e cultura europea, ha una bellissima atmosfera. Ciò che però, mi ha colpito
profondamente, lasciando un segno in me, è stata la giornata passata tra Auschwitz-Birkenau e Auschwitz I, il campo madre. L’atmosfera cupa, carica di morte, era a dir poco palpabile. Il poco che restava a Birkenau, tra cui le rovine di forni crematori e le baracche dove i deportati vivevano in condizioni a dir poco disumane, è stato, per me, fonte di grande angoscia, soprattutto le fosse comuni dove inizialmente venivano ammassati e bruciati i corpi, e un vagone, che testimonia la deportazione della comunità ebraica. Auschwitz I, invece, rappresentava ancor di più la strage compiuta dai nazisti, poiché, nei blocchi dove erano rinchiuse dalle 600 alle 1000 persone, erano stati istituiti dei musei. In uno dei blocchi, vi era una scena a dir poco raccapricciante, capace di far rimanere in silenzio chiunque: due tonnellate di capelli erano stati tagliati alle donne deportate e conservati, per porterne ricavare tappetti ed uniformi per i soldati nazisti.
Questa visita ai campi è stata logorante, estremamente cruda e angosciante.
Ciò che ci ha reso veramente fortunati, è stata la presenza di chi,quest’orrore lo ha vissuto sulla propria pelle, e non potrà mai dimenticarlo. I sopravvissuti all’olocausto che ci hanno accompagnati durante il viaggio, sono stati Sami Modiano e Andra e Tatiana Bucci. Dai loro racconti traspariva una straziante sofferenza, sia per la perdita dei propri familiari che per le terribili esperienze subite. La fame, la sofferenza, vivere in condizioni disumane sono concetti che non vengono compresi pienamente se non sono trasmessi da chi li ha vissuti per davvero.
Andra e Tati, che all’epoca erano bambine rispettivamente di 4 e 6 anni, hanno racconto la loro deportazione in modo diverso da come ha fatto Sami, d’altronde, erano solo delle bambine, costrette a pagare la follia altrui.
I racconti di Sami, invece, soprattutto durante le conferenze in hotel, erano vividi, estremamente dettagliati, commoventi.
È importante, ricordare e tramandare ciò che si è visto, ed ascoltato, affinché un orrore del genere non venga ripetuto mai più.