Il commosso ricordo dell’esperienza dell’ex docente Rosario Salvatore Caione dedicato ai colleghi e a tutti i festeggiati del 50esimo anniversario dell’Istituto Trafelli.
I MIEI BELLISSIMI ANNI AL TRAFELLI DI NETTUNO
“Povero me”, mi dissi il primo giorno,
“E’ ripido, molto ripido, il sentiero dell’insegnamento e sono soltanto al primo passo”.
Mi venne incontro un dirigente scolastico, alto di statura, alto in umanità accogliente. Raimondo era il suo nome.
“Sei sul primo gradino della scala”, mi dissi,
“fiero devi sentirtene, e felice.
Essere giunto qua non è da poco;
la fatica sarà tua gloria; costruirai coscienze e conoscenze di adolescenti, nel Pontino suolo, che faranno ghiotto il sapere.
Entrare devi nella città sublime delle idee.
TRAFELLI è il nome di questo villaggio colto. Ed è cosa difficile e assai rara che t’iscrivano qui tra gli abitanti.
Essere giunto qua non è da poco”
Così,
incontrai colleghi docenti della città colta e le ansie fuggirono di lì a poco e mi chiamarono concittadino.
Professor Combi, Morelli, Novara, Cermola, Nilo, Franzè, Annarita Pietraccini,
Iannuzzi, Pirro, Paolini, Pierangelini, Tontini, Fabiano, Scali e tanti altri … Chissà di quanti ho perso vocali, consonanti e volti, ma di tutti mi è rimasto il segno intenso dell’umanità sublime. Chissà di quanti si sono anche sparse le ceneri, come di eroi, al vento della memoria riconoscente.
Eruditi cittadini, erano di arti nobili maestri;
sapienti in ogni campo, saggi in ogni attività, forti di studi e di speculazioni.
Il corpo offrirono e la mente,
non al godimento vagheggiante alle più ardite brame erotiche, o ai lascivi impeti del sangue, o ai sogni,
ma
ai loro momenti critici, allo spirito ascetico, all’estro e al sapere.
Cari amici miei, docenti, familiari o novizi, cari al mio cuore, come avrete sentito, non sono più un principiante; cittadino crebbi di altre nobili città, austere, di alte turrite biblioteche, di altri antri di poesia echeggianti e di scienza e di varia umanità.
Ora in quel di Lecce come a un’Itaca ho volto il mio viaggio, mentre quel sentiero ardito è diventato un declivio ombrato dal vitalizio e dalla quiescenza.
Pure per voi elevo voti al nostro Dio perché non temiate Ciclopi, né Poseidone incollerito. Mai troverete tali mostri sulla via se resta il vostro pensiero alto, se squisita l’emozione che vi tocca il cuore, se Proci non vedrete nella coorte colta di saggezza.
Sono con voi come ebbro di infantile tenerezza e riconoscenza e nostalgia e scivola una lacrima che ha il sapore del tempo passato e del dolce tramonto.
Vi vedo festosi e cerco tra i volti vostri quei sorrisi che tempestavano di gioia quegli antichi saloni dove tanto si parla di sofistica tra i simposi eletti per quei ragazzi adolescenti, retori di domani, che la vostra didattica forgia.
Vi voglio bene e vi abbraccio.
Rosario Salvatore Caione.